Un cuore che sorride è il riflesso di un'anima felice.

Il riso è il sole che scaccia l'inverno dal volto umano.


3 set 2013

Parliamone insieme...ARTROGRIPOSI.

Il termine Artrogriposi o Artrogriposi Multipla Congenita (AMC) deriva dal greco “Arthron”= articolazione, e “Grypos”= rigido.
Essa non identifica una sindrome specifica, ma una caratteristica clinica, ossia la contrattura articolare multipla congenita, che coinvolge due o più distretti anatomici.
Il tentativo di classificare (dal punto di vista eziologico, patogenetico e molecolare) i quadri con artrogriposi non è agevole, ed è in continua evoluzione, alla luce delle continue ricerche effettuate in ambito molecolare e genetico.
I casi di artrogriposi sono relativamente rari e si riscontrano in circa 1 su 3000 nati vivi.
L'amiplasia, caratterizzata da tessuto grasso e fibroso al posto dei muscoli delle braccia, è la forma più frequente che si riscontra nel 43% dei casi.
Le cause che possono portare ad un quadro con artrogriposi sono per larga parte sconosciute, ma si presumono essere multifattoriali.
Le potenziali eziologie possono essere:
  • neuropatiche (Sistema Nervoso Centrale, midollo spinale, nervo periferico);
  • miopatiche (distrofie muscolari, anomalie mitocondriali);
  • anomalie del connettivo (displasia diastrofica, ecc);
  • problematiche intrauterine (limitazioni di spazio, fattori materni, ecc);
  • alterazioni della circolazione intrauterina o fetale;
Il termine comune di queste differenti cause sembra essere l’assenza di movimenti fetali, che porterebbe ad una proliferazione di collagene e ad una sostituzione dei muscoli con tessuto fibroso.
Per tale motivo, è necessario fin dall’inizio, far procedere di pari passo gli esami effettuati ai fini di un inquadramento diagnostico ed il trattamento (fisiatrico/ortopedico).
L’analisi dei vari esami necessari per un inquadramento diagnostico si avvale della collaborazione con un neuropediatra esperto, e genetisti clinici.
Alcune forme di artrogriposi, rappresentano quadri patologici specifici:
  • AMIOPLASIA → forma più comune di artrogriposi, caratterizzata da intelligenza normale, frequentemente un angioma al viso, spalle addotte e intraruotate, gomiti estesi, polsi flessi, dita rigide, pollici nel palmo anche rigide e spesso lussate, ginocchia spesso iperestese, piedi torti;
  • ARTROGRIPOSI DISTALE → caratterizzate da trasmissione autosomica dominante e maggior interessamento delle mani e dei piedi; (per es. la sindrome di Freeman-Sheldon o sindrome del fischiatore e la Sindrome di Beals o artrogriposi distale tipo 9).
Il piano terapeutico per il trattamento dei bambini affetti da artrogriposi verrà impostato da un team multidisciplinare, che si porrà come principale obiettivo di incrementare l’indipendenza del paziente, dunque lavorando non solamente sulla deambulazione e sulla mobilità del paziente, ma anche sulle sue capacità comunicative e sulle attività della vita quotidiana.
Tale piano varierà a seconda della condizione di base (amioplasia, artrogriposi distale, forme con coinvolgimento neurologico, etc.) e delle condizioni specifiche del singolo paziente.
A tale scopo, verranno effettuate valutazioni realistiche delle deformità articolari (lussazioni, sublussazioni), delle contratture, e del potenziale muscolare del paziente.
 
Il trattamento si avvarrà di:
  • fisioterapia: avendo un ruolo fondamentale subito dopo la nascita. Lo stretching e la mobilizzazione articolare devono essere insegnati alle famiglie e proseguiti in ambito domiciliare;
  • valve in termoplastica;
  • ortesi: da semplici plantari a tutori AFO (gamba piede a spirale), a tutori KAFO (ginocchio gamba piede rigida ai metatarsi), ai più complessi HKAFO (tronco coscia gamba piede, con presa di bacino) a seconda delle deformità e delle capacità funzionali del paziente; 











  • calzature ortopediche;
  • gessi seriali;
  • interventi chirurgici correttivi (dell’arto superiore, del rachide, dell’arto inferiore).

    Un grande abbraccio a tutti quei bambini e alle famiglie che ogni giorno combattono per la loro indipendenza e felicità!

27 ago 2013

La disabilità nel lavoro: doveri e agevolazioni per le aziende.


Emerge dalle statistiche che il 74% delle persone disabili non ha una occupazione, ovvero per le 700 mila persone iscritte alle liste di collocamento obbligatorio.
Perciò nel nostro paese solo il 16% ha un lavoro. Infatti la Corte di Giustizia UE ha ritenuto che l'Italia ha messo a disposizione insufficienti strumenti per favorire l'occupazione delle persone disabili, dato che bisogna sensibilizzare i diritti di uguaglianza e integrazione di ogni lavoratore.
La legge 68/99 stabilisce che le aziende con più di 15 dipendenti debbano assumere almeno un lavoratore delle categorie protette. Nel caso i dipendenti fossero di più, le assunzioni sono maggiori:
  • da 15 a 35 dipendenti si prevede l'assunzione di una persona disabile;
  • da 36 ai 50 dipendenti l'assunzione di due persone disabili;
  • da 51 a 150 dipendenti l'assunzione è il 7% +1.
Perciò è molto importante che le aziende capiscono quante persone disabili devono assumere: per saperlo con esattezza va calcolata la percentuale, tenendo conto che nel computo vanno inseriti tutti lavoratori assunti con vincolo di subordinazione (compresi quelli con contratto a tempo determinato fino a 9 mesi).
Ci sono alcune eccezioni quali i lavoratori tramite cooperative, i dirigenti, etc.
Previste dalla legge (art. 13 legge 68/99) ci sono delle agevolazioni di cui le aziende possono usufruire quando assumono persone delle categorie protette sono:
  • la fiscalizzazione dei contributi previdenziali e assistenziali per l'assunzione di lavoratori disabili con ridotta capacità lavorativa superiore al 79% fino a un massimo di 8 anni;
  • la fiscalizzazione dei contributi previdenziali e assistenziali per l'assunzione di lavoratori con handicap intellettivo e psichico indipendentemente dalla percentuale di invalidità. Abbassandosi la percentuale di capacità lavorativa tra il 67 e 79%, la fiscalizzazione arriva al 50% per un massimo di 5 anni;
  • è previsto un rimborso parziale forfetario qualora l'azienda debba sostenere costi per facilitare l'inserimento lavorativo o il lavoro stesso della persona disabile (con invalidità superiore al 50%.
Le sanzioni amministrative stabilite dalle direzioni provinciali del lavoro per quelle aziende che non rispettano l'obbligo di assunzione sono:
  • il pagamento di 635,11 € (maggiorati di 30,76 € per ogni giorno di ritardo) in caso di ritardo nell'inviare il prospetto informativo che riporta il numero di lavoratori totali e i nominativi di quanti appartenenti alle categorie protette (ricordiamo che il prospetto va inviato entro il 31 gennaio di ogni anno);
  • il pagamento di 62,77 € al giorno per ogni lavoratore non occupato, a partire dal 61 esimo giorno dall'obbligo di assunzione, in caso di mancato adeguamento alla norma.
I soggetti che possono essere iscritti alle categorie protette, e quindi poter accedere al collocamento mirato, devono essere in possesso di una certificazione che attesti e descriva le capacità residue al lavoro
(la riduzione della capacità lavorativa deve essere almeno del 45%). 
Ai sensi della Legge 68/1999 l'attestazione viene rilasciata dalla commissione per l'accertamento delle capacità lavorative residue operante in tutte le ASL. 
Hanno altresì diritto:
  1. le persone invalide del lavoro con grado di invalidità superiore al 33%; 
  2. persone non vedenti, 
  3. persone non udenti; 
  4. invalide di guerra, 
  5. invalide civili di guerra e invalide per servizio, 
  6. vedove, orfani, profughi ed equiparati ad orfani;
  7. i soggetti vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.


JOYK: la bambola che migliora il benessere e la qualità della vita.



Questo giocattolo si chiama Bambola Joyk, creata per stimolare l'empatia e l'emozione dei bambini e adulti, usata nella terapia non farmacologica innovativa dedicata a persone affette da problematiche come la demenza, disturbi psichiatrici, distrubi del comportamento o del tono dell'umore. Migliora il benessere facilitando il rilassamento, la qualità della vita e diminuisce gli stati d'agitazione.
L'impiego di questa terapia aiuta gli operatori nei loro compiti assistenziali e risulta molto efficace anche per i familiari che seguono i loro cari a domicilio, dal momento che la terapia è applicabile sia in ambito residenziale che domiciliare.
La bambola terapeutica nasce in Svezia alla fine degli anni '90 e fu ideata dalla psicoterapeuta Britt Marie Egedius Kakobsson, per il suo bambino autistico.
Le azioni di questa terapia possono realizzarsi sia a livello preventivo che di cura, attraverso alcuni benefici dell'intervento organizzato quali:
  • la modulazione di stati d'ansia e di agitazione e anche manifestazioni sintomatiche;
  • la possibilità di ridurre il ricorso ai sedativi;
  • la riduzione di condizioni di apatia e depressione;
  • la capacità di rispondere ai bisogni emotivi-affettivi, che sono sempre presenti;
  • ostacolare il deterioramento di alcune abilità cognitive e utilizzare prassi motorie che servono da stimolo alle abilità residue.
La terapia della Bambola Joyk non è per tutti (essa è considerata un metodo integrativo), la maggior parte delle donne rispetto agli uomini sceglie di accudire la bambola, anche se gli studi evidenziano che gli uomini che l'hanno usata ne hanno tratto dei benefici.
In alcuni casi c'è la sostituzione con degli "orsetti" o altri animali con ottimi e analoghi risultati.

19 ago 2013

PET THERAPY: la simbiosi tra uomo e animale!


 
Fu lo psichiatra infantile, Boris Levinson, a enunciare per la prima volta, intorno al 1960, le sue teorie sui benefici della compagnia degli animali, che egli stesso applicò nella cura dei suoi pazienti.
Levinson constatò che prendersi cura di un animale può calmare l'ansia, può trasmettere calore affettivo, aiuta a superare la depressione e la solitudine, agendo da supporto sociale, dando impulso alla cura di se stessi e diventando una fonte di attività quotidiane significative.
Gli animali hanno accompagnato l'uomo sin dall'inizio della sua storia sia come fonte principale per l'alimentazione sia come compagni di lavoro, di caccia e di vita. Nella storia di ciascun popolo il rapporto con loro è stato differente e assai vario. Ma si è dovuti arrivare al XXI secolo per comprendere quanto gli animali possano essere importanti anche per la psiche umana e il ruolo che possono assumere anche nel trattamento di molte patologie neuro e psicomotorie.

La Pet Therapy, come scienza, nasce nel 1977 negli USA.
Con il termine si indicano due categorie di terapie: quelle dirette a soggetti con handicap, il cui scopo è di eliminare uno stato di malattia o ridurne gli effetti negativi sulla salute del paziente; quelle finalizzate a migliorare la qualità della vita e lo stato generale di benessere.
La Pet Therapy o Zooterapia richiede sempre un adeguato progetto educativo- riabilitativo che risponda alle esigenze di ogni singolo caso. Per ognuno occorre sviluppare un programma terapeutico che coinvolga diverse figure professionali: il medico, lo psicologo, il pedagogista.
Essi valutano, con la consulenza del pet partner e dell'educatore cinofilo, come la relazione con gli animali possa essere utile ed è molto importante che, qualunque animale si scelga, abbia un temperamento equilibrato e mansueto.
Perché gli animali non siano "strumento" di lavoro ma co-terapeuti in queste attività e ne traggano anch'essi dei benefici è importante una adeguata attività di selezione, partendo dalla specie più adatta ad un determinato tipo di lavoro per poi considerare anche la razza, il sesso, l'età e le caratteristiche psicologiche e comportamentali del singolo individuo:
  • i volatili e gli asini, per la loro mansuetudine, sono indicati per i soggetti aggressivi; è possibile praticare L'ONOTERAPIA ovvero Attività Assistita con l'asino, che viene utilizzato come strumento terapeutico e si concretizza in un complesso di tecniche di educazione e rieducazione mirata ad ottenere il superamento di un danno sensoriale, motorio, cognitivo, affettivo e comportamentale.
    Un approccio dalle infinite potenzialità che si propone come co-terapia funzionando da "acceleratore" delle acquisizioni, dell'efficacia e dei risultati di altre terapie.
    È un metodo attivo, che non permette mai di restare passivi o di isolarsi. L'asino, infatti, riesce sempre a ottenere la partecipazione del "paziente" sollecitandolo sul piano psico-motorio, intellettivo, sociale ed affettivo. L'istituirsi di un sistema di comunicazione asino/utente/operatore, crea un contesto educativo ed evolutivo in un ambiente gradevole, ricco di stimoli, a contatto con la natura.
    Possono trovare vantaggio dall'onoterapia: persone sole, cardiopatici ed ipertesi, bambini ed anziani, malati psichiatrici e tossicodipendenti, detenuti, sieropositivi, audiolesi e non vedenti, persone con problemi di ansia, stress, accettazione, disarmonia emotiva, con problemi della personalità e dello sviluppo, persone dalla forma più lieve di instabilità emotiva all'autismo; nella relazione utente-asino si instaura un importante canale di contatto corporeo attraverso il quale si acquisisce controllo e fiducia di sé, si favorisce un arricchimento sensoriale ed emotivo, si stimola una riorganizzazione delle strutture psichiche in un clima relazionale che permette di lasciarsi andare;
  • i felini hanno virtù ansiolitiche da cui trarrebbero benefici anche cardiopatici ed ipertesi;

  • i cavalli invece servono per correggere i disordini del movimento ed aiutare i soggetti affetti da patologie neurologiche e muscolari, da lesioni traumatiche cerebrali, da sclerosi multipla e per bambini con paralisi cerebrale. Grazie al rapporto che si stabilisce tra cavaliere e cavallo nasce L'IPPOTERAPIA, che produce un senso di indipendenza, aumenta l'autostima e accresce la fiducia in se stessi. Questa “tecnica” trova la sua indicazione, oltre che nelle patologie classiche della paralisi cerebrale infantile, dell’autismo o della sindrome di Down, anche nelle patologie acquisite in conseguenza di traumi correlati alla infortunistica stradale e del lavoro;
  • i delfini, grazie alla loro giocosità, sono ottimi ausili nella cura dei bambini autistici, favorendo una migliore apertura al mondo esterno e le capacità comunicative, nelle persone con disturbi della sfera affettiva. Poiché i delfini comunicano con i suoni e movimenti del corpo, riescono a comprendere molto bene il linguaggio del corpo umano, captandone le necessità. Giocando e nuotando con loro, si perfeziona la meravigliosa interazione. Con l'ausilio dei delfini nasce la DAT (Dolphin Assisted Therapy = Terapia Assistita con i Delfini -> DELFINOTERAPIA).
    I delfini sono mammiferi, e questo di per sé‚ li rende simili all'uomo più di ogni altra creatura acquatica. Ma esistono anche altre considerazioni che possono spiegare la straordinaria sensazione di "comunicazione", che percepisce chiunque li avvicini. L'intelligenza di cui sono dotati, per esempio, li avvicina all'uomo più della maggior parte delle specie animali. Ed è questa intelligenza che permette loro di analizzare e coordinare le informazioni ricevute dall'ambiente e di elaborare strategie di risposta adeguate anche in situazioni non comuni, come quella dell'incontro con l'uomo. Questa capacità dei delfini di interpretare dati nuovi e di agire di conseguenza, può spiegare l'impressione che essi capiscano l'umore delle persone con cui entrano in rapporto. Chi si è immerso con loro, infatti, li descrive capaci di stare "sulla stessa lunghezza d'onda": timidi e distanti con chi ha timore, giocosi con chi è più attivo, tranquilli con chi è rilassato..
    L'immersione nell'acqua è di per sé‚ una esperienza particolare, per il legame concreto e simbolico che ha con le origini stesse della vita. Inoltre l'acqua salata aiuta a sciogliere alcune rigidezze corporee che spesso corrispondono a blocchi emotivi, fornisce un sostegno che facilita l'equilibrio, la fluidità del movimento e le sensazioni di rilassamento che ne derivano, il flusso dell'acqua, infine, offre una stimolazione tattile che migliora la percezione del proprio corpo.
    La presenza dei delfini sembra moltiplicare gli effetti positivi del contatto con l'acqua.
    Tutte le testimonianze raccolte indicano che l'incontro con queste creature è un'esperienza eccezionale, profondamente coinvolgente a livello psichico.
    Con il suo aspetto "sorridente", i suoi movimenti fluidi, il suo istintivo rispetto per lo spazio interpersonale (che fa sì che non si avvicini mai troppo a chi mostra timore) il delfino viene costantemente percepito amichevole e meno minaccioso o giudicante degli esseri umani. Nello stesso tempo offre gratificanti opportunità di scambio, basate sul gioco e sul contatto fisico, che portano la comunicazione a un livello accettabile anche per le persone più chiuse in se stesse. Il gioco con un delfino, inoltre, non è mai monotono o ripetitivo; la grande intelligenza di questi animali li rende capaci di inventare "trucchi" sempre nuovi e, a quanto pare, adeguati alle circostanze, tanto da riuscire a volte a spezzare anche le stereotipie di persone, come quelle autistiche, che sembrano imprigionate in una gabbia di comportamenti ripetitivi.
    Sembra quindi che i delfini siano in grado in qualche modo di rompere l'isolamento presente nell'autismo e, in minor misura, nella depressione. Queste sono perciò le patologie prevalentemente trattate sia in Italia che all'estero.
    Per quanto riguarda il Delfinario di Rimini attualmente prevede programmi estivi per bambini autistici della durata di una settimana che vengono preceduti da un incontro invernale preselettivo, finalizzato ad accertare che la delfinoterapia sia indicata per i singoli pazienti.
Ad oggi, fatta eccezione per la regione Veneto, non esiste una netta definizione giuridica per quanto riguarda le procedure ed i requisiti minimi necessari per poter effettuare l'attività della pet therapy, in quanto spetta alle singole regioni normare sulla materia.
Tali approcci si sono spesso rilevati dannosi sia per il paziente che per l'animale coinvolto, a causa della mancanza di un'equipe che potesse monitorare contemporaneamente sia lo stato del paziente che dell'animale coinvolto nel progetto.
Per eliminare queste problematiche la regione Veneto, attraverso la legge regionale 3/2005, ha redatto il MANUALE OPERATIVO REGIONALE REGIONE VENETO (MOR) ed ha avviato un progetto di rete regionale per la pet therapy (net Pet Therapy).
Questo manuale definisce:
  • le A.A.A. : le Attività Assistite con Animali consistono in interventi di tipo educativo-ricreativo e di supporto psico-relazionale, finalizzati al miglioramento della qualità di vita di varie categorie di utenti (bambini, soggetti portatori di handicap, pazienti ospedalizzati, pazienti psichiatrici, anziani, detenuti) e realizzati mediante animali in possesso di adeguate caratteristiche. Non è necessaria una specifica prescrizione medica, ma è comunque opportuna l’indicazione da parte di un professionista del settore sanitario o educativo che abbia in carico il soggetto destinatario dell’intervento. Le AAA vengono progettate dalla EPP ed effettuate dalla EO (fonte: estratto dalle Linee Guida Regionali relative agli interventi assistiti dagli animali D.G.R.V. n. 4130 del 19/12/2006 e della Legge Regionale del Veneto n. 3 del 3/01/2005);
  • le T.A.A. : le Terapie Assistite con Animali sono delle co-terapie individualizzate sul paziente, utilizzate a supporto delle terapie tradizionali, per la cura della patologia di cui egli è affetto e sono praticati mediante animali appositamente educati. Esse sono finalizzate al miglioramento di disturbi della sfera fisica, motoria, psichica, cognitiva o emotiva. Sono progettate sulla base delle indicazioni sanitarie e psico-relazionali fornite dal medico e/o dallo psicologo di riferimento del paziente e prevedono precisi obiettivi ed indicatori di efficacia (fonte: Estratto dalle Linee Guida Regionali relative agli interventi assistiti dagli animali D.G.R.V. n. 4130 del 19/12/2006 e della Legge Regionale del Veneto n. 3 del 3/01/2005)
L’intervento riabilitativo viene finalizzato verso quattro obiettivi:
  1. il recupero di una competenza funzionale che, per ragioni patologiche, è andata perduta;
  2. l’evocazione di una competenza che non è comparsa nel corso dello sviluppo;
  3. la necessità di porre una barriera alla regressione funzionale, cercando di modificare la storia naturale delle malattie croniche e degenerative riducendone i fattori di rischio e dominandone la progressione;
  4. la possibilità di reperire formule facilitanti alternative.
Chi può prescrivere queste attività?
  1. il medico di medicina generale del paziente;
  2. il medico specialista di riferimento del paziente;
  3. lo psicologo/psicoterapeuta che ha in carico il paziente.
Le TAA vengono progettate dalla E.P.P. ed effettuate dalla E.O. (fonte: MOR regione Veneto);
  • l'equipe progettuale: secondo le linee guida della regione Veneto le attività di pet therapy devono venire dapprima progettate da una équipe "prescrittivo progettuale" (E.P.P.) e poi venir attivate da una équipe "operativa" (E.O.). Questa innovazione permette di stabilire una procedura univoca (protocollo operativo) da seguire che tenga conto sia del benessere della persona che dell'animale coinvolto.
    Per entrambe le tipologie di attività (A.A.A. e T.A.A.) si prevedono le seguenti figure:
    * Responsabile di progetto → un professionista del campo sanitario per le a.a.a. e clinico per le t.a.a.;
    * Medico veterinario → valuta i requisiti comportamentali e sanitari dell'animale, l'aspetto igienico sanitario ed il benessere animale;
    * Coordinatore d'intervento → nelle a.a.a. può essere: psicologo, educatore, infermiere/assistente sanitario, OSS, laureato in scienze motorie, insegnante; nelle t.a.a. può essere: psicologo/psicoterapeuta, infermiere/assistente sanitario, educatore, terapeuta della riabilitazione, terapeuta occupazionale, psicomotricista;
    * Coadiutore dell'animale → promuove la relazione uomo animale e monitora lo stato di salute ed il benessere dell'animale in collaborazione con il veterinario;

Dal punto di vista legislativo gli animali cosiddetti d'affezione sono stati riconosciuti ufficialmente quali componenti essenziali del rapporto equilibrato tra l'uomo e l'ambiente di vita per la prima volta nelle "Dichiarazione di Ginevra" del 1995.

In Italia la Pet Therapy è stata riconosciuta come cura ufficiale dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003 recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e Pet Therapy, su proposta del Ministro della Salute.
Tale Decreto sancisce per la prima volta nella storia del nostro Paese il ruolo affettivo che un animale può avere nella vita di una persona nonché la valenza terapeutica degli animali da compagnia ed è stato proposto a seguito dell'Accordo Stato-Regioni del 6 febbraio 2003 sul benessere degli animali da compagnia e Pet Therapy.